Il presidente della grande organizzazione delle associazioni di persone con disabilità interviene sull’autonomia differenziata. Si dice aperto al confronto con il Governo sui livelli minimi dei servizi erogati (i Lep) che, spiega, non debbono essere lasciati agli enti locali: «Su istruzione, sociale e sociale sanitario, se continuiamo a parlare di costi vediamo solo la spesa e non l’aspetto valoriale di un investimento per garantire pari opportunità alle persone con disabilità»
entiquattro mesi per tenere alto il livello dei Livelli essenziali di prestazione (i Lep), quei livelli minimi dei servizi erogati in modo uniforme sull’intero territorio nazionale cui lo Stato è tenuto, disponendo le risorse necessarie a garantirli. Senza determinazione di Lep e del loro finanziamento non sarà possibile per una Regione ottenere maggiore autonomia. Dopo l’approvazione del quadro generale della legge sull’autonomia differenziata, sono i Lep la frontiera della trattativa.
«Nei prossimi 24 mesi cercheremo di fare massa critica, a breve faremo un’analisi della norma e una valutazione d’impatto sulla vita dei cittadini e delle cittadine con disabilità e delle loro famiglie. Nei luoghi di partecipazione cercheremo inoltre di trovare quelle sinergie per intervenire», spiega Vincenzo Falabella, presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap – Fish.
No ad interventi al ribasso
«Ormai la legge è stata approvata. Al di là delle posizioni ostraciste, abbiamo 24 mesi in cui il Governo dovrà emanare e determinare i livelli essenziali delle prestazioni, conseguenti alla possibilità del trasferimento delle competenze alle singole autonomie regionali. Incalziamo il Governo e costruiamo bene i livelli essenziali delle prestazioni» sostiene Falabella. Se così non fosse e «se gli interventi fossero al ribasso degli investimenti, si andrebbe ad alimentare quelle disuguaglianze presenti sui territori», incidendo «sulla vita dei nostri cittadini e cittadine con disabilità e sulle loro famiglie».
Autonomia solidale più giusta
Certo, ribadisce Falabella, «sarebbe stato più giusto lavorare più che sull’autonomia differenziata, sull’autonomia solidale, come avevamo evidenziato sin dall’inizio dell’iter di approvazione della norma. Così lo Stato avrebbe dovuto sostenere le Regioni in difficoltà per consentire una maggiore uguaglianza sostanziale facendo avanzare l’Italia sul piano dei diritti, della coesione e dell’inclusione sociale».
Ma i margini per migliorare il provvedimento ci sono
Per il presidente di Fish il lavoro ora è concentrarsi «sui margini per migliorare il provvedimento», e in particolare sul livello «dei Lep. Ad di sotto di una certa soglia non devono scendere. Non dobbiamo lasciare alle regioni la possibilità di definire il livello minimo delle prestazioni». In particolare, spiega, «si parla di costi, preferisco il termine investimenti. Su istruzione, sociale e sociale sanitario, se continuiamo a parlare di costi vediamo solo la spesa e non l’aspetto valoriale di un investimento per garantire pari opportunità alle persone con disabilità».
Dare risposte in un contesto di welfare che va cambiato
Nel dettaglio, continua Falabella, «le risorse per garantire i Lep devono essere risorse importanti. In Italia», aggiunge, «si spendono 145 miliardi in spesa sanitaria e sul sociale, limitatamente alla disabilità, poco più di 2 miliardi. A fronte di bisogni aumentati». L’obiettivo è quindi «essere pronti a dare risposte». In un quadro in cui sì «il sistema di welfare va modificato. Non più solo protezione, ma di riconoscimento dei diritti». Questo in linea teorica, «perché con l’autonomia differenziata, le regioni più ricche, con una capacità di programmazione importante, riusciranno a costruire quei servizi».
Quali livelli minimi
Le altre regioni, «purtroppo la stragrande maggioranza, in prevalenza le regioni del Sud, non ce la faranno». La scuola, ad esempio, «è uno degli ambiti in cui le regioni potranno intervenire. Mi chiedo, qual è il livello minimo oltre il quale non si può scendere», precisa Falabella.
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