Nuovi modelli normativi per le persone con disabilità
La recente approvazione da parte del Parlamento della Legge Delega in materia di disabilità ha apportato modifiche significative alla legislazione italiana per quanto riguarda gli strumenti di sostegno previsti in favore delle persone con disabilità e delle loro famiglie. Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 30 dicembre del 2021, la Legge n.227 del 22 dicembre delega il Governo ad adottare, entro 20 mesi, uno o più decreti legislativi al fine di riordinare le attuali disposizioni vigenti, ponendole in linea con le indicazioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
In particolare, la Legge n.227 mira a razionalizzare, unificandole in una unica procedura, tutti gli accertamenti relativi alle valutazioni sul possesso dei requisiti per accedere alle agevolazioni fiscali, tributarie e della mobilità, per l’accertamento della disabilità ai fini dell’inclusione lavorativa, infine, per quanto riguarda il riscontro dell’invalidità civile, cecità e sordità civile, sordocecità.
Soprattutto, la nuova disposizione normativa introduce in maniera significativa il concetto di progetto personale partecipato, che rappresenta il fulcro e insieme l’ancoraggio per la realizzazione dei futuri Decreti di attuazione, volti alla realizzazione di percorsi assistenziali autodeterminati e autogestiti, compresa l’assistenza personale. In linea, cioè, con quanto prevede l’articolo 19 della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, in cui si “riconosce l’uguale diritto di tutte le persone con disabilità di vivere in modo indipendente e ad essere incluse nella collettività, con la libertà di scegliere e controllare la propria vita”.
Le persone al centro degli interventi
Proprio con riferimento alla valutazione multidimensionale e alla realizzazione del progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato per le persone con disabilità, al comma 2 dell’articolo 2 della Legge n.227 si indicano i criteri e i principi direttivi che dovranno guidare la stessa Delega. Laddove si prevede: il coordinamento tra le diverse amministrazioni competenti per l’integrazione della programmazione sociale e sanitaria nazionale e regionale; che la valutazione multidimensionale assicuri, sulla base di un approccio multidisciplinare e con la partecipazione della persona con disabilità e di chi la rappresenta, l’elaborazione di un progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato; che siano individuati i sostegni necessari e gli accomodamenti ragionevoli che garantiscano l’effettivo godimento dei diritti e delle libertà fondamentali.
Non soltanto. Tra i principi guida di quello che appare, a tutti gli effetti, un nuovo modello normativo che abbia la persona realmente al centro degli interventi di sostegno, vi è la possibilità di scegliere, in assenza di discriminazioni, il proprio luogo di residenza ed un’adeguata soluzione abitativa, inteso come il diritto alla domiciliarità delle cure e dei sostegni assistenziali e sociali.
In questo senso, così concepito, il progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato, è diretto a realizzare le aspettative, i desideri e gli obiettivi della persona con disabilità, migliorandone le condizioni personali e di salute, nonché la qualità della vita nei diversi ambiti della società; quindi nelle intenzioni ne favorisce la sua partecipazione all’interno dei diversi contesti, da quelli lavorativi e scolastici, fino agli ambiti culturali e sportivi.
A questi criteri e principi direttivi finalizzati ad assicurare l’inclusione e la partecipazione sociale, ivi compresi l’effettivo esercizio dei diritti all’affettività e alla socialità, immaginando nuovi strumenti normativi grazie anche al ruolo di expertise che svolgono le federazioni associative come FISH, poi, il legislatore dovrà prevedere forme di finanziamento aggiuntivo, così come meccanismi di riconversione delle risorse che attualmente sono destinate all’assistenza nell’ambito degli istituti. Detta in altri termini: se nel concreto aumenteranno, anche nei prossimi anni, le misure normative in favore dei servizi di supporto alla domiciliarità e alla vita indipendente, occorrerà individuare nuovi sostegni e servizi per l’abitare in autonomia e modelli di assistenza personale autogestita che supportino la vita indipendente delle persone con disabilità in età adulta. Favorire la de istituzionalizzazione e prevenire l’istituzionalizzazione, dunque, si può. I modelli normativi, alcuni recenti, per farlo, esistono. Si tratterà, in questo stesso senso, di attuare in maniera coordinata i progetti previsti dalle missioni 5 e 6 del PNRR con le misure già previste dalla legge sul “Dopo di Noi”. Per porre, dunque, le persone al centro degli interventi.
La Vita Indipendente
Negli ultimi anni, in verità, il sostegno alla domiciliarità delle persone con disabilità e/o non autosufficienti, cioè del loro diritto “a vivere all’interno della comunità”, è diventato un obiettivo costante del legislatore. Infatti, dapprima attraverso i progetti ministeriali relativi alla “Vita indipendente” e, successivamente, attraverso le linee guida per gli interventi in favore della non autosufficienza, fino alla già citata Legge Delega, si sta costruendo un hardware normativo finalizzato a favorire la permanenza delle stesse persone nel proprio ambiente familiare. È utile ricordare che l’introduzione del Fondo per la Vita Indipendente, storicamente, rappresenta il primo intervento normativo finalizzato principalmente alla realizzazione di progetti di assistenza autogestita. E che esiste, inoltre, un quadro di riferimento che viene arricchito di volta in volta da interventi da parte delle varie regioni, resi possibili attraverso i fondi europei o varie iniziative finanziarie locali. E, tuttavia, proprio a fronte di questo panorama variegato di interventi, è necessario un monitoraggio continuo, al fine di prevenire il ricorso a forme di residenzialità, a volte segreganti. In questo stesso senso, come Federazione nazionale che rappresenta milioni di persone che hanno una disabilità, crediamo sia necessario, alla stregua dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, che vengano promossi a livello regionale specifici osservatori che possano favorire la promozione del diritto delle persone con disabilità a vivere all’interno della comunità in condizioni di parità con tutti gli altri. Assistenti e non badanti.
Un pezzo importante della legislazione esistente che va nella direzione della domiciliarità delle cure, poi, è quello rappresentato dalle varie agevolazioni fiscali esistenti per l’assunzione di assistenti personali, le quali rappresentano una forma di welfare selettivo in favore delle famiglie. A tal proposito, è altrettanto utile ricordare che, secondo le norme attualmente in vigore, almeno il 51% del Fondo per la non autosufficienza deve essere destinato per il sostegno delle persone in condizione di disabilità gravissima e che tale quota, ripartita alle regioni, può essere utilizzata anche per l’assunzione diretta di assistenti personali. Inoltre, L’INPS ha realizzato il progetto “Home care premium” in favore delle persone con disabilità dipendenti, o familiari di dipendenti pubblici, e che sostiene l’assunzione di assistenti familiari.
Più in generale, sono diversi gli interventi che i diversi legislatori, locali e nazionali, stanno considerando negli ultimi mesi in favore dei caregivers familiari; riconoscendo loro, dunque, il ruolo di strumento di welfare informale insostituibile, immaginando, tra gli altri, interventi di sostegno economico, percorsi formativi, sostegno psicologico.
È tuttavia sempre più urgente, nell’ottica del miglioramento delle condizioni di vita delle persone non autosufficienti, riconsiderare lo strumento del contratto di lavoro degli assistenti familiari, ancora oggi troppo legato alla logica “badante” e che poco si addice, invece, a quella del diritto all’inclusione sociale. Ed è altrettanto importante il compito delle associazioni e delle persone che FISH rappresenta, cioè quello di proporre ed immaginare nuovi modelli normativi per le persone con disabilità, per contrastare, in primo luogo il ricorso a forme di residenzialità improprie e indesiderate.